Don Emanuele Personeni a braccio

2 years ago
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Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

Commento
Chi può vantarsi di essere stato sempre coerente? Di fronte ad un vangelo come quello odierno il rischio é pensare che l’incoerenza sia un detestabile vizio altrui, in particolare di chi riveste ruoli di autorità. Invece riguarda tutti. E la ragione é che siamo tutti peccatori. Lo riconosciamo ogni volta che entrando in Chiesa facciamo la genuflessione. Non é soltanto per onorare la maestà di Dio ma per essere VERI di fronte a lui: abbassandoci riconosciamo di non essere stati all’altezza del compito di essere uomini. Detto questo, il Signore mette in guardia coloro che col pretesto dei comportamenti incoerenti delle autorità minimizzano i propri. Gesù invece dice: fate ciò che le autorità dicono, cioè mettete in pratica le indicazioni che danno senza accampare scuse. Se poi sono incoerenti non imitateli. Va da sé che, se insegnano cose inique, non vadano né ascoltati né imitati. Beninteso, passare la vita a guardare le incoerenze altrui porterebbe ad immaginarsi buoni senza fare qualcosa di concreto per diventarlo davvero.
Le parole di Gesù naturalmente non lesinano parole severe nei confronti di quelle autorità che impongono sacrifici da cui esentano volentieri sé stesse. Difficilmente in trincea si sono visti i figli dei potenti ma sempre e solo quelli dei poveri. Difficilmente le autorità stabiliscono leggi che penalizzano i loro soci e impongono gabelle che erodono il privilegio dei loro sponsor. Ciò che colpisce é la monotonia con cui rivelano la propria ipocrisia. Mai e poi mai un pizzico di originalità. Dicono di perseguire il bene di tutti ma fanno leggi che favoriscono l’interesse di qualcuno. Se ci sono leggi che sono nate a tutela di tutti, trovano il cavillo giuridico per poterle aggirare. E non soddisfatte, tengono a presentarsi come
benefattrici dell’umanità, si auto compiacciono senza sosta, continuano a celebrare le loro decisioni come provvidenziali anche quando si sono rivelate ampiamente fallimentari e dannose. Le autorità del tempo di Gesù e del nostro tempo amano al di sopra di ogni cosa essere acclamate, preferiscono le ovazioni al dibattito, l’ossequio reverenziale alle domande, l’approvazione alla critica. I nostri giorni non raccontano una storia diversa, purtroppo anche in certi ambienti ecclesiastici.
A meno di una profonda vigilanza spirituale, il cuore dell’uomo diventa facile preda dell’idolatria di sé. Deriva da qui la convinzione di essere superiori agli altri e di essere perciò in diritto di fare di loro ciò che pare. La violenza e l’oppressione dei potenti sono figli del delirio di onnipotenza e si accompagnano sempre al terrore che qualcuno possa superarli e occupare la scena al loro posto, al bisogno di controllare, dominare, guardarsi le spalle, anticipare le mosse degli altri in un perpetuo gioco dove si alternano commedia e tragedia. Non c’è antidoto a tutto questo, dice il Signore, se non prendersi cura degli altri invece che combatterli.

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