La nuova cultura della morte di Stato

7 hours ago
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La nuova ‘cultura’ della morte di Stato”: si intitola così la nota diffusa dal Comitato Nazionale Psicologi sull’approvazione della legge che introduce il suicidio assistito da parte della Regione Toscana.
La nota ribadisce il diritto di ognuno di poter scegliere liberamente secondo coscienza ma evidenzia come esso venga smentito proprio dalla norma sul fine vita, che rischia peraltro di non rimanere confinata alla sola Toscana. Davanti alla mancanza di investimenti nella sanità pubblica, nelle cure palliative e nell’assistenza, quella della cosiddetta “dolce morte” rischia di diventare una scelta obbligata, trasformando il diritto di morire quando si vuole in dovere di morire, quando lo decidono gli altri. Si chiede infatti il Comitato Nazionale Psicologi “a cosa sia dovuta tanta solerzia nel rendere possibile il suicidio assistito in tempi brevi e a completo carico dello Stato, e come mai non vi sia altrettanta sollecitudine verso coloro che, in condizioni di sofferenza, devono lottare contro un sistema assistenziale e sanitario lento, farraginoso, esoso, inefficiente, restio a erogare le cure che invece potrebbero migliorare la qualità di vita loro e di chi li assiste”.
Tanto più in una società come la nostra, così attenta al profitto e al guadagno, quella che papa Francesco chiama “cultura dello scarto” e che elimina coloro che, per ragioni di costi, non sono più sostenibili, diventa allora una opzione concreta; e infatti il Comitato sottolinea come la vera urgenza sia “rispondere ai bisogno di vita delle persone con una Sanità più efficiente e soprattutto di nuovo umana e non burocratizzare e statalizzare la morte consegnandola ai mercanti di malattia”. Diventa dunque doveroso, sostiene il Comitato, chiedersi se “dietro la difesa dei diritti civili si celino intenti di altro genere” e “che cosa succederà se lo Stato trasformerà un’opzione in una offerta attiva”. Il piano inclinato insomma è dietro l’angolo e gli esempi non mancano: in Canada – ricorda la nota – una persona su venti muore così.
In questa intervista a Clara Emanuela Curtotti, psicologa, psicoterapeuta e membro del Comitato Nazionale Psicologi, si sviluppa la riflessione su questi temi, partendo dal presupposto che “la morte è un processo che merita la nostra piena assunzione di responsabilità e non può essere trasformata nella saga del disimpegno morale con lo stato che promuove e il cittadino che firma il consenso.

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