Guerra russo-ucraina: il peso della Storia

5 days ago
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Il conflitto russo-ucraino sembra aver preso una piega inesorabilmente favorevole alla Russia. La situazione sul campo di battaglia lascerebbe supporre che, di qui a qualche mese, le operazioni militari cedano il passo a negoziati che, quantomeno nell’ottica del Cremlino, dovranno culminare con la definizione di una soluzione politica definitiva del confitto. Un risultato strategico di simile portata risulta tuttavia difficilmente conseguibile anzitutto alla luce delle caratteristiche strutturali dell’Ucraina. Vale a dire un Paese le cui regioni orientali e meridionali, dove risiede il 30% circa della popolazione, sono abitate in larga parte da individui che considerano la propria identità culturale inscindibile da quella russa. Le aree centrali e occidentali dello Stato, di contro, sono abitate per lo più da popolazioni inclini ad affermare la propria identità in contrapposizione spesso conflittuale a quella russa. Il processo di marginalizzazione della prima componente ad opera di una dirigenza politica ultra-nazionalista, salita al potere con la violenza nel 2014 e legata mani e piedi al cosiddetto “Occidente collettivo”, rappresenta uno dei principali detonatori di una guerra sanguinosissima e paragonabile per entità a quella combattuta in Corea nei primi anni ’50. Il compito che i negoziatori saranno chiamati a eseguire si rivela quindi particolarmente arduo e gravoso, anche in virtù della persistente, incrollabile renitenza a scendere a compromessi sia del governo di Kiev che dei suoi sponsor della Nato, che recentissimamente hanno concesso l’autorizzazione alle forze armate ucraine ad avvalersi di sistemi d’arma Atacms e Storm Shadow per sferrare attacchi in profondità in territorio russo. Pur non apportando alcun contributo significativo in termini strettamente militari, la svolta assume una valenza cruciale, perché l’utilizzo dei missili in questione necessità dell’assistenza di tecnici di nazionalità statunitense, francese e britannica. Il livello di coinvolgimento dei rispettivi Paesi nel conflitto ne risulta inesorabilmente accresciuto, come sottolineato dal Cremlino che ha risposto anzitutto intensificando l’intensità degli attacchi contro il territorio ucraino. Ma soprattutto, bersagliando un impianto produttivo situato presso Dnipro con un Orešnik, un missile balistico ipersonico a raggio intermedio e testata multipla di cui nessuno in Occidente conosceva l’esistenza. Sebbene vi fossero state installate cariche esplosive di tipo convenzionale, il vettore è progettato per trasportare anche testate nucleari. «Stiamo testando in condizioni di combattimento – ha dichiarato il presidente Putin – il sistema missilistico Orešnik in risposta alle azioni aggressive dei Paesi della Nato contro la Russia. La questione dell’ulteriore dispiegamento di missili a medio e corto raggio sarà decisa da noi a seconda delle azioni degli Stati Uniti e dei loro satelliti […]. Ci consideriamo autorizzati a usare le nostre armi contro le strutture militari di quei Paesi che permettono di usare le loro armi contro le nostre strutture, e in caso di escalation reagiremo in maniera decisa e speculare. Raccomando alle élite al potere di quei Paesi che stanno pianificando di utilizzare i loro contingenti militari contro la Russia di riflettere seriamente su questo punto». Parliamo di tutto questo assieme a Giuseppe Maiello, direttore del Dipartimento di Scienze Sociali presso l’Università della Finanza e dell’Amministrazione di Praga. Per anni ha insegnato storia dell’Europa Orientale, concentrandosi in particolare su Ucraina e Russia.

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