DOVE PORTA IL VENTO?

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Trasmissione del 18 novembre 2024

"Degli effetti della rielezione di Donald Trump sull’Ue si è scritto molto già in campagna elettorale, anzi già nel 2016, quando il presidente vinse per la prima volta. Qualcuno tra i più ottimisti, allora, affermò come la sua vittoria avrebbe inevitabilmente svegliato l’Europa, accelerando autonomia e riforme. Non è successo tra il 2016 e il 2020, vedremo se accadrà adesso.
Stavolta il processo si ripete con toni generalmente più cupi e allarmati. Ciò non avviene solo per il contesto più complesso, ma anche perché l’Ue si scopre nuda: la vittoria di Trump fa emergere con chiarezza ogni nodo irrisolto dell’Unione, ogni occasione persa del percorso d’integrazione, ogni incognita sul futuro. Con un’aggravante: lo si poteva prevedere, perché era già successo.
Sul piano commerciale, gli Stati Uniti e l’Ue nel 2023 hanno scambiato milleseicento miliardi di euro; di questi, centoventisei riguardano l’Italia. Gli Stati Uniti sono il secondo partner commerciale dell’Ue, e il secondo della Germania, la quale è il primo partner dell’Italia. Il venti per cento dell’export europeo va oltre l’Atlantico, e riguarda settori industriali chiave.
La politica di dazi annunciata da Trump per tutelare l’industria americana è destinata ad avere effetti duri sulla produzione europea, già martoriata dal rallentamento tedesco e connotata da tempo da scarsa crescita e bassa innovazione.
In politica estera, non è chiaro come si evolveranno i rapporti con la Russia, ma è ipotizzabile che l’Ue sarà più isolata di fronte all’aggressività di Mosca, e questo potrebbe includere anche la fine del sostegno a Kyjiv, con tutto quello che comporterebbe.
Per quanto riguarda il Medio Oriente, Trump durante il primo mandato ha fatto saltare l’accordo sul nucleare iraniano, e qualche mese fa ha affermato che lascerebbe Netanyahu «finire il lavoro»: non serve aggiungere troppo per capire che quell’area rischia di diventare ancora più calda, e si trova alle porte dell’Europa.
Di fronte al secondo mandato del presidente americano, dunque, l’Europa rischia di trovarsi più isolata, in un contesto che, peraltro, la vede già in difficoltà su più fronti. Sul piano politico, le relazioni con gli Stati Uniti continueranno, ma subiranno una riconfigurazione che, al momento, risulta difficile da prevedere nei dettagli.
Ma sbaglia chi immagina che l’America First di Trump, in fondo, è «solo» l’attribuzione all’interesse nazionale del ruolo centrale dell’agenda politica: un approccio che, in realtà, non è affatto nuovo nella storia degli Stati Uniti e della loro azione globale.
Più profondamente, l’America First è la dichiarazione di un isolazionismo politico e culturale, la convinzione che per gli Stati Uniti sia controproducente perdere troppo tempo con questioni estranee e distanti, soprattutto le questioni europee. Maggiore distanza politica tra Washington e Bruxelles vuol dire un’Europa più marginale, tanto in senso politico quanto industriale ed economico.
E con gli Stati Uniti meno coinvolti nelle questioni europee e globali, l’Ue rischia di trovarsi a dover gestire da sola l’aggressività russa o l’enorme lavoro diplomatico che servirebbe per far sposare ad altri attori globali gli impegni climatici."
Da: L. Daniele, "L'Inkiesta" dell'8/11/2024

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