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PRIMA DELLA CATASTROFE
Trasmissione del 11 marzo 2024
"Isteria e allarmismo dominano il dibattito europeo sulla crisi ucraina e sullo scontro con la Russia. “Ciò che guida la politica europea in questo momento è la paura”, ha scritto recentemente il Telegraph in un articolo che tradiva tanto la russofobia britannica quanto l’irritazione di Londra nei confronti della Germania e del suo cancelliere Olaf Scholz.
I dissapori fra le varie capitali europee sono tuttavia conseguenza di un improvviso “risveglio”. Dopo essere cadute vittima della loro stessa propaganda, le élite politiche europee si stanno riavendo dalla sbornia, per scoprire che Kiev sta effettivamente perdendo la guerra.
“La guerra è persa ma i nostri governi rifiutano di ammetterlo. Invece, fingono che si possa ancora vincere – anzi, bisogna vincere per evitare che “Putin” marci verso Finlandia, Svezia, gli Stati baltici, e infine Berlino. Due anni fa ci fu promesso che oggi al più tardi la Russia sarebbe stata completamente sconfitta, economicamente, militarmente e politicamente. Ma le sanzioni si sono rivelate un boomerang, e i carri armati Leopard II non erano sufficienti…”
A scrivere queste parole è Wolfgang Streeck, direttore emerito dell’Istituto Max Planck di Colonia. Il quale prosegue:
“È ora di chiedersi chi ha messo gli ucraini in questo pasticcio – chi ha detto all’estrema destra ucraina che la Crimea sarebbe tornata in mano loro? Per evitare tali domande, la classe politica europea è disposta a lasciare che il massacro continui sulla linea congelata del fronte ucraino – cinque anni, dieci anni – nessun problema, tanto saranno solo gli ucraini a combattere. Ma cosa succederà se si rifiuteranno di stare al gioco e di morire per i “nostri valori”?
Streeck è per certi versi una voce fuori dal coro, in quanto lascia trasparire segni di ripensamento dai quali la maggioranza dell’intellighenzia europea sembra tuttora immune.
A titolo di esempio, nella stessa miscellanea di riflessioni sulla guerra, raccolte dal britannico New Statesman in occasione del secondo anniversario dello scoppio del conflitto, Ivan Krastev, presidente del Centro per le Strategie Liberali con sede a Sofia, in Bulgaria, scrive:
“Ciò che rende il momento attuale radicalmente diverso dall’inizio della guerra o addirittura dalla situazione di un anno fa è che, ora, i governi e un numero crescente di cittadini europei hanno iniziato a percepire la guerra non in termini di solidarietà con l’Ucraina, ma di difesa dei fondamentali interessi di sicurezza dei vicini europei della Russia”.
L’opinione di Krastev non va scartata troppo frettolosamente come il punto di vista di un esponente dell’Europa dell’Est. E’ proprio tale punto di vista, infatti, che sta prendendo il sopravvento, con la complicità di Washington, all’interno dell’UE e della NATO.
Lo conferma il recente viaggio a Praga del presidente francese Emmanuel Macron, il quale ha accettato il piano ceco di acquistare 800.000 proiettili d’artiglieria da paesi non appartenenti all’UE per rifornire l’Ucraina.
Inizialmente Parigi si era detta contraria a spendere denaro europeo al di fuori dell’Unione, affermando che sarebbe stato preferibile investirlo nell’industria della difesa del vecchio continente. Ma il nuovo ordine di scuderia a livello europeo è che non c’è tempo, bisogna soccorrere Kiev.
In linea di principio, di fronte all’improvvisa realizzazione che l’Ucraina sta perdendo la guerra, l’Europa potrebbe scegliere fra due opzioni strategiche: tagliare le perdite imboccando la strada del compromesso con Mosca, oppure aumentare nuovamente la posta in gioco. La fazione che propende per la seconda ipotesi è tuttora dominante nel dibattito politico europeo.
Preso atto dell’impossibilità di recuperare i territori ucraini perduti, la nuova priorità europea ed occidentale è preservare lo Stato ucraino e consolidarne la sua posizione all’interno del blocco euro-atlantico.
Come scrive sul Financial Times lo stesso Krastev (che è anche membro del Consiglio di fondazione dell’ European Council on Foreign Relations, e del comitato consultivo dell’ Open Society Foundations, istituto fondato da George Soros), “ciò che è non-negoziabile non è tanto l’integrità territoriale dell’Ucraina, quanto il suo orientamento democratico e filo-occidentale”.
Krastev traccia quindi un parallelo fra l’Ucraina e la Germania Ovest durante la Guerra Fredda. L’analogia è illustrativa perché implica la possibilità di una riunificazione alla prima occasione.
Ma, fino a quando l’Occidente si ostinerà a voler inserire l’Ucraina nell’architettura di sicurezza occidentale – osserva il noto analista russo Fyodor Lukyanov – Mosca sarà costretta a rispondere, a prescindere dal fatto che Kiev aderisca ufficialmente alla NATO o meno.
Le conseguenze sono ovvie: siamo tuttora di fronte a una prospettiva di escalation."
(Roberto Iannuzzi, Intelligence for the people, 8.3.2024)
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