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SOTTO TIRO
Trasmissione del 18 settembre 2023
Macrone, il nostro nemico franco di nome e di fatto, il cui fedele scherano Darmanin manda sempre più gendarmi a respingere, verso l’Italia, quegli stessi migranti illegali che, in Italia, le ong leuropee provvedono quotidianamente a sbarcare.
Naturalmente, con l’entusiasta collaborazione del partito francese in Italia. Basti citare Benifei (“l’esperienza libica dovrebbe averci insegnato come accordi bilaterali di questo tipo siano drammaticamente fallimentari … dittatori o aspiranti tali”), Majorino (“la Tunisia, con cui fa accordi il governo Meloni, non è più rassicurante della Libia”), La Repubblica (“presupposti razzisti … deriva autoritaria”).
Un delirio solo apparentemente contrastato dal Ppe in aula, mentre il suo capogruppo Manfred Weber si spingeva a Tunisi a porre nuove condizioni: non più soltanto sottomettersi al FMI, ma pure riforme costituzionali addirittura. Il che significa rinviare i fondi all’anno del mai, proprio mentre lo stesso Weber pretendeva da Saied “il rispetto del memorandum d’intesa”. In modo che capiscano anche i sassi: Berlino lascia fare a Meloni ciò che vuole, ma solo a condizione che faccia da sola.
Coerentemente, la tedeschissima Von der Leyen ha difeso la propria benedizione a Tunisi ancora ieri, pronunciando il discorso sullo Stato dell’Unione: “abbiamo firmato con la Tunisia un partenariato che comporta vantaggi reciproci”. Ma la ritirerà, non appena la benedizione finanziariamente gratuita accennerà a costare a Bruxelles anche solo un vero soldo bucato.
Il piano del partito francese
Più tempo Meloni continuerà a sprecare alla caccia di soldi leuropei che non arriveranno, più ne concederà ai nostri nemici per continuare a farci del male. E già si scommette su quanti africani a Lampedusa basteranno a far cadere Meloni: 200.000? 500.000?
Parigi potrà finalmente replicare il golpe del 2011. Questa volta, con Gentiloni premier, appoggiato dalla vecchia maggioranza Draghi.
Ovviamente di salvezza nazionale, come lasciano trasparire le recenti lodi di Gentiloni a Minniti, per il lavoro svolto quando era suo ministro degli interni. Il che potrebbe apparire sorprendente visto che, a luglio, lo stesso Minniti lodava gli accordi di Meloni con Tunisi: “è un grande passo verso la stabilizzazione della Tunisia, una scelta politica che non ha guardato al Fondo Monetario che ha severe misure di taglio di spesa sociale cui subordina gli aiuti a Saied”.
Ma la verità è che, della questione migratoria, Parigi se ne frega: interessa solo come strumento per destabilizzare i governi italiani ad essa non sottomessi.
Di tutto ciò, Meloni si rende conto. Lo dimostra l’attacco diretto a Gentiloni, pure ben pensato in quanto relativo ad una vicenda (Ita–Lufthansa) nella quale Bruxelles ha palesemente torto marcio.
Cosa le manca? Comprendere che deve fare da sola pure coi soldi: i soldi per Tunisi li deve cacciare la Repubblica Italiana. Profittando della benedizione politica concessa a Tunisi dalla Von der Leyen: benedizione che è l’unico risultato degli accordi di luglio e che è necessario non sprecare.
I soldi per Tunisi li deve cacciare la Repubblica Italiana. Fosse pure tutta la somma di 1,6 miliardi di euro, anche se non lo sarà mai: mezzo miliardo basterebbe ad attivare altre contribuzioni, da Arabia Saudita e chissà chi altro. Meglio se senza il FMI. Insomma, una coalition of the willing alla quale dare un esemplarmente sostanzioso contributo.
Per Roma, in ogni caso, sarebbero molti meno soldi di quelli che oggi sciupa per mantenere quelli che sbarcano. E sarebbe pure un bel modo per introdurre praticamente la mitica riforma del Patto di Stabilità e Crescita alla quale Roma anela, la mitica golden rule: Bruxelles avrebbe difficoltà ad iniziare una procedura di infrazione di bilancio contro l’Italia, per un disavanzo di spesa a favore di una Tunisia testé dichiarata partner strategico.
Fare presto
Ma Meloni deve fare in fretta, prima che la campagna anti-tunisina finisca per oscurare la benedizione concessa da Von der Leyen a Tunisi. E prima che il suo proprio elettorato in Italia si ribelli, rischio ad ogni sbarco più concreto.
Ciò di cui Meloni sembra non rendersi conto. Come dimostra una inquietante risposta che troviamo nel citato libro-intervista a Sallusti: “prima che finisca questa avventura, avremo messo un freno al problema dell’immigrazione illegale di massa”. Cioè, tradotto letteralmente, gli sbarchi di massa continueranno sino a … prima del settembre 2027?! Tempo più che sufficiente, perché a Chigi si reinsedi Gentiloni.
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