17 novembre 1938 LE LEGGI RAZZIALI DI MUSSOLINI DOCUMENTARIO la storia insegna che 9 anni dopo i patti lateranensi l'Italia di Mussolini con il re promulgarono le leggi razziali e sappiamo tutti come andò a finire poi

1 year ago
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ricordiamolo bene questo: https://rumble.com/v1bnowj-visita-turistica-ad-auschwitz-a-vedere-le-camere-a-gas-e-i-forni-crematori https://rumble.com/vzk1mp-le-vittime-non-ebree-del-regime-nazista https://rumble.com/v2pkm98-quando-bergoglio-passava-da-solo-a-piedi-sotto-la-scritta-arbeit-macht-frei
quindi con prove storiche certe si può dire con certezza che lo Stato della Chiesa o Stato pontificio cessò di esistere il 20 settembre 1870 con la breccia di porta pia..dal 1870 al 1929 la chiesa romana non aveva più uno Stato proprio e che fu rifatto poi nel 1929 con i patti lateranensi costituendo con quei patti lì LO STATO INDIPENDENTE DELLA CITTà DEL VATICANO che ha poco più di 90 anni ad oggi,2023...il Regno d'Italia(monarchia) diventò poi nel 1948 la Repubblica italiana che c'è oggi..quindi evitare di dire scemenze se non sono sostenute da prove storiche certe... testo integrale https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1929-6-24;810!vig= http://www.vatican.va/roman_curia/secretariat_state/archivio/documents/rc_seg-st_19290211_patti-lateranensi_it.html#CONVENZIONE_FINANZIARIA attuale : https://www.vatican.va/roman_curia/secretariat_state/archivio/documents/rc_seg-st_19850603_santa-sede-italia_it.html Concordato è il nome dato ai trattati bilaterali che la Santa Sede stipula con altri stati per regolare la situazione giuridica della Chiesa cattolica in un determinato Stato del mondo.
https://it.wikipedia.org/wiki/Concordato
Gli accordi prevedono reciproche concessioni per evitare possibili contrasti tra diritto civile e diritto canonico e riguardano ambiti sia religiosi che temporali. Agli Stati viene talvolta concesso un potere di veto sulla nomina di vescovi o la restrizione di alcune libertà di culto, mentre alla Chiesa possono essere riconosciuti privilegi economici (sussidi diretti o sostegno alle opere di culto) o particolari diritti per i fedeli laici o per il clero (quali la possibilità di obiezione di coscienza rispetto a leggi che impongano comportamenti contrari alla morale cattolica)[1].
Dopo il Concilio Vaticano II (1962-1965), e in particolare la sua approvazione di una Dichiarazione sulla Libertà Religiosa (Dignitatis Humanae), questo tipo di accordo giuridico formale ha visto evolvere il suo spirito e i suoi contenuti. Storicamente la Santa Sede ha stipulato concordati con tutti gli stati che lo hanno concesso, anche con quelli più ostili verso i cattolici o le religioni in generale.
Concordati celebri
Alcuni dei concordati più celebri sono:
Concordato di Worms (1122) tra papa Callisto II e l'imperatore del Sacro Romano Impero Enrico V, che conclude la Lotta per le investiture;
Concordato di Vienna (17 febbraio 1448) tra Niccolò V e l'imperatore Federico III d'Asburgo, che regola i rapporti tra la Santa Sede e gli Asburgo;
Concordato di Bologna (1516) tra papa Leone X e il re di Francia Francesco I;
Concordato del 1727 con il regno di Sardegna;
Concordato del 1741 con il regno di Napoli;
Concordato del 1753 e Concordato del 16 marzo 1851 con il regno di Spagna;
Concordato del 1778 con il regno del Portogallo (verrà sostituito il 23 giugno 1886);
Concordato del 1801[2] e Concordato del 1813 tra papa Pio VII e Napoleone imperatore dei Francesi;
Concordato del 3 agosto 1847 con lo zar di Russia Nicola I, sostituito dal Concordato del 23 dicembre 1882;
Concordato del 1855 tra papa Pio IX e l'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe, sostituito in Austria dal concordato del 5 giugno 1933;
Concordato del 10 febbraio 1925 con la Polonia, originato dalla riconquistata indipendenza di questa, sostituito dal concordato del 28 luglio 1993;
Concordato del 1929, parte dei Patti Lateranensi, stipulato dal cardinale Pietro Gasparri, Segretario di Stato della Santa Sede, e dal Presidente del Consiglio Benito Mussolini; riconosciuto dalla Repubblica Italiana, che l'ha sostituito con l'Accordo di Villa Madama del 1984 (vedi infra);
Concordato del Reich (1933) con il Terzo Reich di Adolf Hitler, che mise fine ai vari concordati stipulati con gli stati tedeschi a partire dal 1817 e che sarà gradualmente sostituito da accordi con i singoli Stati federati della Germania (Länder) nella Repubblica Federale Tedesca;
Concordato del 7 maggio 1940 con il Portogallo di António de Oliveira Salazar, che sostituì il Concordato del 23 giugno 1886 e fu sostituito dal concordato del 18 maggio 2004;
Concordato del 27 agosto 1953 con la Spagna di Francisco Franco, sostituito dai quattro accordi del 3 gennaio 1979 dopo il ritorno di questa alla monarchia costituzionale democratica;
Accordo di Villa Madama stipulato il 18 febbraio 1984 con la Repubblica Italiana. L'Accordo, firmato dal cardinale Agostino Casaroli, Segretario di Stato della Santa Sede, e dal Presidente del Consiglio Bettino Craxi, sostituisce il Concordato del 1929 (è invece rimasto in gran parte inalterato il trattato lateranense del 1929, che regola indipendenza e sovranità della Santa Sede in campo internazionale).
Situazione attuale
Esistono e sono tuttora in vigore concordati nei seguenti Paesi Concordatari a maggioranza cattolica: Italia, alcuni stati federali della Germania, Austria, Malta, Ungheria, Spagna, Slovacchia, Polonia, Lituania, Filippine, Argentina, Brasile, Portogallo, Irlanda, Andorra, Nicaragua, Colombia, Repubblica Dominicana, alcuni cantoni della Svizzera.
Le Costituzioni di alcuni Stati, quali ad esempio gli Stati Uniti d'America, vietano di stipulare concordati. Analoga situazione si registra in Francia, dove la Legge di Separazione del dicembre 1905 vieta di riconoscere concordati.
L'accordo di Villa Madama, noto anche come nuovo concordato, o concordato bis, fu un accordo politico stipulato il 18 febbraio 1984[1] tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana allo scopo di modificare consensualmente i contenuti del concordato sottoscritto, nell'ambito dei Patti Lateranensi del 1929, fra la Santa Sede e il Regno d'Italia. È stato ratificato con Legge 25 marzo 1985, n. 12
Accordo di revisione del Concordato lateranense
Contesto Conciliazione
Firma 18 febbraio 1984
Luogo Villa Madama, Roma
Efficacia 3 giugno 1985 (art. 13)
Condizioni Revisione dei Patti Lateranensi
Parti Italia Italia
stemma Santa Sede
Firmatari Italia Bettino Craxi
Città del Vaticano Agostino Casaroli https://it.wikipedia.org/wiki/Accordo_di_Villa_Madama
La Costituzione repubblicana, entrata in vigore nel 1948, con l'articolo 7[2] aveva riconosciuto la vigenza dei Patti Lateranensi sottoscritti da Benito Mussolini, quale Capo del governo primo ministro segretario di Stato del Regno d'Italia[3] e dal cardinale Pietro Gasparri, allora Segretario di Stato della Santa Sede.

Il mutato quadro politico del secondo dopoguerra e le trasformazioni che avevano interessato la società dell'Italia repubblicana, insieme alle aperture del Concilio Vaticano II in materia di libertà religiosa e di rapporti fra la Chiesa cattolica e gli Stati, avevano dato avvio a un processo negoziale tra la Santa Sede e l'Italia volto alla necessaria revisione dei Patti Lateranensi, che tuttavia si protrasse a lungo, senza giungere a risultati tangibili.

Ad inizio degli anni ottanta, la guida dei negoziati per la Santa Sede fu affidata all'allora arcivescovo Achille Silvestrini, segretario della Congregazione per gli affari ecclesiastici straordinari ed uomo di punta della diplomazia vaticana che dopo il 1984 passò "la staffetta" ad Attilio Nicora, il tutto in stretta collaborazione con Giuseppe Betori, Giuseppe Mani e Antonio Mennini[4]. I protagonisti italiani della trattativa furono i giuristi Francesco Margiotta Broglio e Cesare Mirabelli. I negoziati giunsero al termine nel 1984, con la stipula, presso Villa Madama, di un testo di revisione del Concordato del 1929, che venne sottoscritto dal Segretario di Stato vaticano Agostino Casaroli e dal presidente del Consiglio italiano Bettino Craxi.[5]

Contenuto
L'accordo di Villa Madama è costituito da una serie di punti con cui si intende «regolare le condizioni della religione e della Chiesa in Italia»[6]. Consta di quattordici articoli, i quali intendono affermare e tutelare:

Art 1: L'indipendenza e la sovranità dei due ordinamenti, Stato e Chiesa in linea con il dettato costituzionale (Art. 7 della Costituzione).
Art 2: Le garanzie in ordine alla missione salvifica, educativa e evangelica della Chiesa cattolica.
Art 3: Le garanzie in merito alla libera organizzazione ecclesiastica in Italia.
Art 4: Immunità e privilegi per figure ecclesiastiche.
Art 5: Gli edifici di culto che non possono essere requisiti, occupati, espropriati, demoliti o violati da forza pubblica se non per casi di "urgente necessità".
Art 6: Le festività religiose.
Art 7: Le nuove discipline degli enti ecclesiastici.
Art 8: Gli effetti civili del vincolo matrimoniale celebrato in forma canonica.
Art 9: L'istituzione di scuole e la parificazione delle stesse alle scuole pubbliche.
Art 10: La parificazione delle qualifiche e dei diplomi ottenuti nelle scuole ecclesiastiche.
Art 11: L'assistenza spirituale.
Art 12: Il patrimonio artistico e religioso.
Art 13: La volontà in merito al valore giuridico del nuovo Accordo.
Art 14: In caso di difficoltà interpretative o applicative, vi si impone ai due contraenti di risolvere in maniera amichevole tali divergenze, per il tramite di un'apposita commissione paritetica.
La scambio degli strumenti di ratifica, che ai sensi dell'articolo 13 rende efficace il trattato, è avvenuto il 3 giugno 1985[7].

Genesi dell'8 per mille

Lo stesso argomento in dettaglio: 8 per mille.
La Conferenza episcopale e il suo presidente preferivano "la defiscalizzazione delle offerte". Questa era la forma che proponevano per il nuovo finanziamento alla Chiesa reso necessario dall’abolizione della congrua. Poi (...) accedettero alla proposta avanzata dallo Stato di un intervento “aggiuntivo”, pensato in qualche maniera quale “copertura” del principale (la defiscalizzazione, appunto)": questa la genesi della misura dell'8 per mille, rivendicata da Gennaro Acquaviva, che la ascrive alla proposta elaborata da Craxi "con Margiotta, Amato, anche Tremonti (...) tra il 1983 ed il 1987"[8].

Infatti, "quando si trattò di definire la direttiva per chi dovesse rappresentare il suo Governo nel negoziato per redigere la normativa da cui nacque l'otto per mille", Bettino Craxi «fu inequivoco: "Non affamate i preti", comandò netto».

Attualmente la Santa Sede intrattiene rapporti diplomatici bilaterali con 184 stati del mondo.[1] L'ultimo ad allacciare relazioni ufficiali è stato l'Oman il 23 febbraio 2023.[2] Ottantotto dei Paesi che hanno rapporti diplomatici con la Santa Sede (ai quali si aggiunge anche la rappresentanza dell'Unione Europea) hanno una propria ambasciata a Roma[1] (distinta da quella dell'Italia, in quanto la Santa Sede non è solita accreditare presso di sé personale del corpo diplomatico che risulti già in missione presso il governo italiano); gli altri invece sono rappresentati da diplomatici addetti ad ambasciate site in altri Paesi europei.[3]

Decano del corpo diplomatico è l'ambasciatore residente a Roma con maggiore anzianità di accreditamento. Dal giugno 2013, a seguito della fine del mandato di Alejandro Emilio Valladares Lanza, ambasciatore dell'Honduras,[4] al 2015 tale incarico è stato rivestito da Jean-Claude Michel, ambasciatore del Principato di Monaco[5]. Dal 2016 al 2018 invece l'incarico di decano del corpo diplomatico è stato rivestito da Armindo Fernandes do Espírito Santo Vieira, ambasciatore dell'Angola[6]. Dal 2019 il decano è l'ambasciatore di Cipro, George Poulides
https://it.wikipedia.org/wiki/Relazioni_diplomatiche_della_Santa_Sede
Organizzazioni e organismi intergovernativi internazionali con i quali intrattiene rapporti multilaterali
La Santa Sede partecipa a numerosi organismi internazionali con propri rappresentanti. Osservatori permanenti sono presenti nei seguenti consessi:

le sedi ONU di New York e Ginevra,
l’OMS,
l'OSCE,
l'UNESCO,
la FAO,
l'OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio).
Organizzazioni e organismi intergovernativi regionali
La Santa Sede ha rapporti multilaterali con:

la Lega araba,
l'Unione africana,
l'Organizzazione internazionale della francofonia (OIF)
il Sistema dell'integrazione centroamericana (SICA)[9]
la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS)[10]
Stati con i quali la Santa Sede non intrattiene relazioni diplomatiche
Con il Vietnam è stata da tempo costituita una commissione di lavoro, in vista di stabilire rapporti diplomatici permanenti. Con altri di questi stati sono comunque correnti delle relazioni ufficiose (es. Arabia Saudita), tanto che taluni di essi (es. Afghanistan), hanno inviato un proprio rappresentante ai funerali di Giovanni Paolo II[11].

Afghanistan Afghanistan
Arabia Saudita Arabia Saudita
Bhutan Bhutan
Brunei Brunei
Cina Cina
Comore Comore
Corea del Nord Corea del Nord
Laos Laos
Maldive Maldive
Somalia Somalia
Tuvalu Tuvalu
Vietnam Vietnam
Stati dove la Santa Sede ha nominato un delegato apostolico presso la Chiesa locale
In questi Paesi, pur non esistendo relazioni diplomatiche bilaterali, la Chiesa Cattolica ha potuto comunque nominare un suo rappresentante, che pur non essendo riconosciuto dai governi locali, a norma del Diritto Canonico, rappresenta il Papa presso la Chiesa locale.

Arabia Saudita Arabia Saudita[12]
Brunei Brunei
Comore Comore
Laos Laos
Somalia Somalia
Tuvalu Tuvalu[13]
Stati dove la Santa Sede ha nominato un rappresentante pontificio non residente
In questi Paesi sono in corso da tempo contatti tesi alla normalizzazione dei rapporti diplomatici. Per questo motivo, pur essendo stata istituita una delegazione apostolica, la stessa è mantenuta vacante, essendosi limitata la Santa Sede a nominare informalmente un rappresentante non residente nel Paese[14][15].

Vietnam Vietnam
Stati dove la Santa Sede non è rappresentata
Con questi Paesi, per svariate condizioni, la Santa Sede non ha né rapporti diplomatici, né ha potuto nominare un proprio delegato presso la Chiesa locale. Come già osservato in precedenza, tuttavia, con alcuni di essi sono da tempo in corso dei contatti tesi ad allacciare rapporti diplomatici bilaterali.

Afghanistan Afghanistan
Bhutan Bhutan
Cina Cina
Corea del Nord Corea del Nord
Maldive Maldive
https://rumble.com/v2p2qxe-i-patti-lateranensi-dell11-febbraio-1929-tra-il-regno-ditalia-e-chiesa
https://rumble.com/v2p2z44-11-febbraio-1929-i-patti-lateranensi-tra-benito-mussolini-e-la-chiesa-roman
I Patti Lateranensi sono gli accordi sottoscritti tra il Regno d'Italia e la Santa Sede l'11 febbraio 1929 contenenti un trattato, una convenzione e un concordato. Sottoposti, nella parte del concordato, a revisione nel 1984, essi regolano ancora oggi i rapporti fra Italia e Santa Sede. Ai Patti si devono l'istituzione della Città del Vaticano come Stato indipendente e la piena riapertura formale dei rapporti fra Italia e Santa Sede, interrotti nel 1870 ma gradualmente riallacciati nei decenni successivi fino alla loro definitiva sistemazione con la stipula di tali accordi. Sono richiamati dall'articolo 7 della costituzione della Repubblica Italiana, entrata in vigore nel 1948.
https://it.wikipedia.org/wiki/Patti_Lateranensi
Contesto Questione romana
Firma 11 febbraio 1929
Luogo Palazzo del Laterano, Roma
Efficacia 7 giugno 1929
Condizioni Conciliazione, nascita dello Stato della Città del Vaticano
Parti Italia Italia
stemma Santa Sede
Firmatari Italia Benito Mussolini
Città del Vaticano Pietro Gasparri
Antefatto
La necessità dei Patti Lateranensi si colloca nell'ambito storico della questione romana. Nel 1870, con la Presa di Roma, il Regno d'Italia aveva annesso quanto rimaneva degli Stati della Chiesa, ponendo fine al potere temporale dei papi. Lo stesso anno, papa Pio IX promulgò l'enciclica Respicientes ea, in cui delineò la visione che degli eventi aveva la Santa Sede: l'Italia era un invasore e occupante illegittimo, il Papa era prigioniero dello Stato Italiano, e gli Stati Pontifici andavano restituiti, sia perché presi contra legem, sia perché il Pontefice non poteva esercitare con sicurezza e libertà la propria autorità religiosa, senza la sovranità su un territorio indipendente.[1]
L'Italia delineò unilateralmente i suoi rapporti con la Chiesa e la Santa Sede nel 1871 con la legge delle Guarentigie, che Pio IX non riconobbe mai, appunto in quanto unilaterale, né lo fecero i suoi successori.[2] Al contrario Pio IX nel 1874 interdisse la partecipazione dei cattolici alla politica italiana. Questo divieto venne gradualmente alleggerito, per poi essere annullato del tutto nel 1919[senza fonte]. Con il passare dei decenni, si introdusse fra gli ecclesiastici l'idea che era impossibile aspettarsi una restituzione tout-court degli Stati Pontifici, ma la sovranità su uno Stato in miniatura avrebbe comunque consentito al Papa di agire liberamente. Il desiderio di papa Pio XI di salvaguardare giuridicamente la libertà d'azione della Chiesa dopo l'avvento del Fascismo, assieme a quello del dittatore Mussolini di incanalare nel movimento fascista il cattolicesimo nazionale, portarono alla firma dei Patti Lateranensi.[3][4]
I Patti presero il nome del Palazzo di San Giovanni in Laterano in cui furono firmati. Li sottoscrissero il Cardinale Segretario di Stato Pietro Gasparri per la Santa Sede ed il Capo del governo primo ministro segretario di Stato Benito Mussolini per il Regno d'Italia.[5]

Il contenuto dei Patti
I Patti Lateranensi consistono in due distinti documenti:

il Trattato riconosceva l'indipendenza e la sovranità della Santa Sede che fondava lo Stato della Città del Vaticano;
Allegata al Trattato* la Convenzione finanziaria, che regolava le questioni sorte dopo le spoliazioni degli enti ecclesiastici a causa delle leggi eversive. È stata inoltre prevista l'esenzione, al nuovo Stato denominato «Città del Vaticano», dalle tasse e dai dazi sulle merci importate.

«Art. 1

L’Italia si obbliga a versare, allo scambio delle ratifiche del Trattato, alla Santa Sede la somma di lire italiane 750.000.000 (settecento cinquanta milioni) e a consegnare contemporaneamente alla medesima tanto Consolidato italiano 5% al portatore (col cupone scadente al 30 giugno p.v.) del valore nominale di lire italiane 1.000.000.000 (un miliardo).»

(Patti lateranensi, 11 febbraio 1929 - Segreteria di Stato, card. Pietro Gasparri[6])
il Concordato che definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa e il Governo (prima d'allora, cioè dalla nascita del Regno d'Italia, sintetizzate nel motto: «libera Chiesa in libero Stato»). Il rapporto precedente (regolato dalla Legge delle Guarentigie), nel quale ancora vigeva la norma del giuramento dei nuovi vescovi al Governo italiano, l'unico vescovo che non era obbligato a giurare fedeltà all'Italia era colui che fa le veci del Pontefice nella sua qualità di vescovo di Roma, cioè il cardinale vicario. Questa eccezione alla regola, che appariva nel Concordato, era stata prevista proprio in segno di rispetto dell'indipendenza del Papa da parte dell'Italia. Il suo vicario non deve essere sottoposto al giuramento, perché rappresenta il vescovo effettivo della città di Roma cioè il Papa. Il governo italiano acconsentì di rendere le sue leggi sul matrimonio e il divorzio conformi a quelle della Chiesa cattolica di Roma e di rendere il clero esente dal servizio militare. I Patti garantirono alla Chiesa il riconoscimento del cattolicesimo quale religione di Stato in Italia, con importanti conseguenze sul sistema scolastico pubblico, come l'istituzione dell'insegnamento della religione cattolica, già presente dal 1923 e tuttora esistente seppure con modalità diverse. Il capoverso dell'articolo 1 del Concordato riconosceva anche il carattere sacro della città di Roma, sostituito, all'articolo 2.4 degli accordi di villa Madama, dal riconoscimento del "particolare significato che Roma, sede vescovile del Sommo Pontefice, ha per la cattolicità"[7].

Mappa della Città del Vaticano nel 1929.
Storia
I Patti Lateranensi non furono gli unici accordi stipulati negli anni successivi alla prima guerra mondiale tra il Vaticano e stati esteri, nell'ottica di rendere libera la professione della religione cattolica e di ridare un ruolo diplomatico di primo piano al papato. Tra gli altri vi furono accordi con Lettonia (stipulato nel 1922), Baviera (1924), Polonia (1925), Lituania e Romania (1927), Prussia (stipulato nel 1929), Baden (1932), e infine con la Germania nazista (nel 1933).[8]

La connessione dei Patti lateranensi con la linea d'indirizzo segnata dai precedenti Concordati fu notata sin dal 1929, come risposta alla critica secondo cui il Papato aveva barattato il suo potere temporale ed il grandioso imprigionamento nel quale ha prosperato per quasi sessant'anni[9], in cambio di vantaggi di interesse della sola chiesa italiana[10].

Gli accordi politici
I Patti Lateranensi (la «Conciliazione») tra Stato e Chiesa nel 1929 per la risoluzione della "Questione romana" si conclusero in maniera soddisfacente per entrambe le parti in causa. L'inizio di trattative segrete avvenne grazie all'iniziativa di tre zelanti sacerdoti: padre Giovanni Genocchi dei Missionari del Sacro Cuore di Gesù, don Giovanni Minozzi e Giovanni Semeria, fondatori dell'O.N.M.I.. Quest'ultimo riferì che proprio in casa di suoi parenti i tre si riunirono per discutere e studiare la possibilità di trovare una via di uscita per riallacciare le relazioni tra Stato e Chiesa. Le discussioni e i lavori durarono tre giorni al termine dei quali padre Genocchi si incaricò di portare all'allora segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Gasparri, il risultato del loro lavoro. L'alto prelato della Curia romana rimase "trasecolato" per tale iniziativa personale dei tre sacerdoti.

Finalmente il 26 agosto 1926 furono designati ufficiosamente e informalmente due incaricati: uno dal governo Mussolini e l'altro da parte di papa Pio XI.

Per la prima volta figura l'avvocato concistoriale Francesco Pacelli quale plenipotenziario per il Vaticano, fratello di Eugenio Pacelli, futuro segretario di Stato prima e papa Pio XII poi. Da parte italiana fu scelto Domenico Barone.

L'11 febbraio ricorreva il 71º anniversario della prima apparizione di Nostra Signora di Lourdes; la scelta di firmare il concordato in quell'occasione intendeva rimarcare la soddisfazione da parte vaticana per i nuovi patti e poteva avere altri significati politici. Il 13 febbraio 1929 Pio XI tenne un discorso a un'udienza concessa a professori e studenti dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, che passò alla storia per un passaggio in cui Benito Mussolini è indicato come «un uomo [...] che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare[11]»:
«Le condizioni dunque della religione in Italia non si potevano regolare senza un previo accordo dei due poteri, previo accordo a cui si opponeva la condizione della Chiesa in Italia. Dunque per far luogo al Trattato dovevano risanarsi le condizioni, mentre per risanare le condizioni stesse occorreva il Concordato. E allora? La soluzione non era facile, ma dobbiamo ringraziare il Signore di avercela fatta vedere e di aver potuto farla vedere anche agli altri. La soluzione era di far camminare le due cose di pari passo.

E così, insieme al Trattato, si è studiato un Concordato propriamente detto e si è potuto rivedere e rimaneggiare e, fino ai limiti del possibile, riordinare e regolare tutta quella immensa farragine di leggi tutte direttamente o indirettamente contrarie ai diritti e alle prerogative della Chiesa, delle persone e delle cose della Chiesa; tutto un viluppo di cose, una massa veramente così vasta, così complicata, così difficile, da dare qualche volta addirittura le vertigini. E qualche volta siamo stati tentati di pensare, come lo diciamo con lieta confidenza a voi, sì buoni figliuoli, che forse a risolvere la questione ci voleva proprio un papa alpinista, un alpinista immune da vertigini ed abituato ad affrontare le ascensioni più ardue; come qualche volta abbiamo pensato che forse ci voleva pure un papa bibliotecario, abituato ad andare in fondo alle ricerche storiche e documentarie, perché di libri e documenti, è evidente, si è dovuto consultarne molti. Dobbiamo dire che siamo stati anche dall'’altra parte nobilmente assecondati. E forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare; un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola liberale, per gli uomini della quale tutte quelle leggi, tutti quegli ordinamenti, o piuttosto disordinamenti, tutte quelle leggi, diciamo, e tutti quei regolamenti erano altrettanti feticci e, proprio come i feticci, tanto più intangibili e venerandi quanto più brutti e deformi. E con la grazia di Dio, con molta pazienza, con molto lavoro, con l'incontro di molti e nobili assecondamenti, siamo riusciti « tamquam per medium profundam eundo » a conchiudere un Concordato che, se non è il migliore di quanti se ne possono fare, è certo tra i migliori che si sono fin qua fatti; ed è con profonda compiacenza che crediamo di avere con esso ridato Dio all'Italia e l'Italia a Dio.»

(Pio XI, allocuzione Vogliamo anzitutto[11])

Il famoso affresco di Guido Nincheri nella Chiesa della Madonna della Difesa a Montréal che celebra i Patti Lateranensi, dove sono raffigurati Pio XI e Mussolini (a cavallo) e altri gerarchi fascisti in divisa
Il 23 maggio 1929 cominciò il dibattito in Senato per la ratifica dei Patti Lateranensi, dibattito concluso il 25 maggio con un voto a favore, al termine di vivaci discussioni e polemiche anche all'esterno del Senato stesso. Sei senatori votarono contro l'approvazione: fra essi Benedetto Croce[12]. Anche la Camera dei deputati votò l'approvazione dei Patti, ma vi furono due dissenzienti, anche se la Camera era formata completamente da elementi del Partito fascista. Lo scambio delle ratifiche avvenne con una solenne cerimonia in una saletta dei Palazzi apostolici, con Mussolini, che vestiva l'uniforme diplomatica con la feluca, ricevuto con tutti gli onori. Era il 7 giugno 1929. Dopo un'ora dalla partenza di questi dal Vaticano, alle dodici in punto, entrarono in vigore i Patti, e nacque lo Stato della Città del Vaticano, con lo scambio delle consegne tra i Carabinieri, che subito dopo lasciarono l'ex territorio italiano passato al Vaticano, e le Guardie Svizzere in alta uniforme. Il clima era di grande cordialità e di amicizia.

Negli allegati II e III dei patti furono riconosciute allo stato del Vaticano anche la proprietà dei seguenti immobili in Roma e provincia, esenti da espropriazioni e tributi[13]:

San Giovanni in Laterano
Santa Maria Maggiore
basilica di San Paolo
San Callisto in Trastevere
Villa Barberini
Castelgandolfo e dipendenze
proprietà della Congregazione di Propaganda Fide sul Gianicolo
Santi XII Apostoli
San Andrea della Valle
San Carlo ai catinari e pertinenze
Palazzo della Dataria
Palazzo della Cancelleria
Palazzo della Propaganda Fide
Palazzo del Santo Uffizio
Palazzo dei Covertendi
Palazzo del Vicariato
Università Gregoriana
Istituto Biblico
Istituto Orientale
Istituto Archeologico
Seminario russo
Collegio lombardo
San Apollinare
Casa del Clero dei SS. Giovanni e Paolo.
Alle ore zero dell'indomani, 8 giugno, entrarono in vigore le sei leggi principali del nuovo Stato, promulgate dal Pontefice subito dopo il mezzogiorno del giorno 7, fra cui la Legge Fondamentale, che all'art. 1 prevede che il Sommo Pontefice è sovrano dello Stato della Città del Vaticano.

L'inserimento nella Costituzione

Immagine commemorativa. Da sinistra verso destra, SM re Vittorio Emanuele III di Savoia, papa Pio XI e Benito Mussolini.
Nel 1948 i Patti furono riconosciuti costituzionalmente nell'articolo 7[14], con la conseguenza che lo Stato non può denunciarli unilateralmente come nel caso di qualsiasi altro trattato internazionale, senza aver prima modificato la Costituzione. Qualsiasi modifica dei Patti deve inoltre avvenire di mutuo accordo tra lo Stato e la Santa Sede, in tal caso la revisione dei Patti non richiede un procedimento di revisione costituzionale.[15]

L'articolo 7 non ha comunque inteso parificare il contenuto dei Patti alle norme costituzionali, ma soltanto costituzionalizzare il principio concordatario, con la conseguenza che essi, per il tramite della legge di esecuzione, avrebbero dovuto ritenersi soggetti al giudizio di compatibilità con i principi supremi dell'ordinamento da parte della Corte costituzionale. Con le sentenze n. 30 e 31 depositate il primo marzo 1971[16][17], i Patti lateranensi vennero posti tra le fonti atipiche dell'ordinamento italiano, vale a dire che le disposizioni dell'atto non hanno la stessa natura delle norme costituzionali, ma hanno un grado di resistenza maggiore rispetto alle fonti ordinarie. Pertanto, i Patti Lateranensi devono essere modificati col procedimento ordinario nel caso ci sia mutuo consenso fra Stato e Chiesa, con il procedimento aggravato proprio delle leggi costituzionali nel caso sia lo Stato unilateralmente a modificare il testo dell'atto. Inoltre, le disposizioni dei Patti possono essere dichiarate costituzionalmente illegittime solo se contrastano con i principi supremi dell'ordinamento costituzionale (Corte cost. 16/1982, 18/1982).[15]

Si ricordi comunque che, se gli articoli 7 e 8 della Costituzione prevedono un sistema differenziato di disciplina dei rapporti tra lo Stato e le varie confessioni religiose, altre disposizioni (si vedano gli articoli 19 e 20 della Costituzione) prevedono invece un regime di tutela uniforme per ciò che attiene all'esercizio del culto da parte dei fedeli.[15]

La revisione del 1984: il nuovo concordato
https://it.wikipedia.org/wiki/Concordato
L'accordo di Villa Madama, noto anche come nuovo concordato, o concordato bis, fu un accordo politico stipulato il 18 febbraio 1984[1] tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana allo scopo di modificare consensualmente i contenuti del concordato sottoscritto, nell'ambito dei Patti Lateranensi del 1929, fra la Santa Sede e il Regno d'Italia. È stato ratificato con Legge 25 marzo 1985, n. 121. https://it.wikipedia.org/wiki/Accordo_di_Villa_Madama
Lo stesso argomento in dettaglio: Accordo di Villa Madama.
Il Concordato (ma non il Trattato) fu rivisto, dopo lunghissime e difficili trattative, nel 1984, fondamentalmente per rimuovere la clausola riguardante la religione di Stato della Chiesa cattolica in Italia. La revisione che portò al nuovo Concordato venne firmata a Villa Madama, a Roma, il 18 febbraio dall'allora presidente del Consiglio Bettino Craxi, per lo Stato italiano, e dal cardinale Agostino Casaroli, Segretario di Stato, in rappresentanza della Santa Sede. Il nuovo Concordato stabilì che il clero cattolico venisse finanziato da una frazione del gettito totale IRPEF, attraverso il meccanismo noto come otto per mille e che la nomina dei vescovi non richiedesse più l'approvazione del governo italiano.[18] Fu ratificato dall'Italia con Legge 25 marzo 1985, n. 121 ed entrò in vigore il 3 giugno 1985 [19]Nel precedente Concordato, nel quale ancora vigeva la norma del giuramento dei nuovi vescovi al Governo italiano, l'unico vescovo che non era obbligato a giurare fedeltà all'Italia era colui che fa le veci del Pontefice nella sua qualità di vescovo di Roma, cioè il cardinale vicario. Questa eccezione alla regola, che appariva nel Concordato, era stata prevista proprio in segno di rispetto dell'indipendenza del Papa nei riguardi dell'Italia.[18]

Il suo vicario non deve essere sottoposto al giuramento, perché rappresenta il vescovo effettivo della città di Roma, cioè il Pontefice. Inoltre, per quanto riguarda la celebrazione del matrimonio, si stabilirono le clausole da rispettare perché un matrimonio celebrato secondo il rito cattolico possa essere trascritto dall'ufficiale di stato civile e produrre gli effetti riconosciuti dall'ordinamento giuridico italiano oltre a porre delle limitazioni al riconoscimento in Italia delle sentenze di nullità matrimoniale pronunciate dai tribunali della Chiesa che prima avveniva in modo automatico. Fu anche stabilito che nelle scuole si potesse richiedere l'esenzione dall'ora di religione cattolica, prima obbligatoria, che tuttavia restò curriculare, mancando l'occasione di rendere al contrario facoltativa la frequenza per gli interessati a tale materia: la scelta relativa deve essere effettuata e comunicata all'atto dell'iscrizione prima dell'inizio dell'anno scolastico.[18]

Il dibattito politico sull'abolizione del Concordato
Non può essere proposto un referendum per l'abolizione o la modifica del Trattato, del Concordato o delle leggi collegate a essi perché non sono ammessi, nel nostro ordinamento, referendum riguardanti i trattati internazionali, ai sensi dell'art. 75 della Costituzione. Inoltre l'art. 7 prevede che «le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale»: ciò significa che le modifiche bilaterali possono essere adottate con legge ordinaria, mentre, argomentando a contrario, quelle unilaterali richiedono il procedimento aggravato art. 138 Cost. Nulla vieta, peraltro, che tale legge ordinaria o costituzionale sia proposta dal corpo elettorale, in quanto l'art. 71 Cost., nel disciplinare l'iniziativa legislativa del popolo, non menziona alcuna restrizione riguardante l'una o l'altra fonte del diritto. Dopo gli accordi di Villa Madama alcuni costituzionalisti[20] ritengono che si sia rafforzata la tesi che il Concordato possa essere sottoposto a referendum, non avendo la valenza di un vero e proprio trattato internazionale fra stati ma solo di accordo con una confessione religiosa[21].

Il dibattito sulla modificabilità dei Patti ha considerato la possibilità di un atto unilaterale a costituzione invariata, oltre alle due procedure esplicitamente previste dalla Costituzione agli artt. 7 e 138, cioè l'accordo bilaterale o la modifica costituzionale unilaterale. La lunga controversia giuridica è stata parzialmente risolta dalla Corte costituzionale, laddove ha affermato la propria competenza ad applicare la Costituzione anche in tale ambito.[22]

In un primo scenario, lo stato perseguirebbe una denuncia unilaterale del concordato, in analogia all'art. 4 della Convenzione di Vienna, pur successiva alla firma dei Patti. In alternativa, il legislatore potrebbe implicitamente disapplicare i Patti o loro parti, sottraendosi alla legislazione ecclesiastica (articolo 11 del Trattato Lateranense). I sostenitori dell'atto unilaterale citano come esempi l'introduzione del divorzio o il controverso caso delle antenne di Radio Vaticana rimosse in conformità a una sentenza della Corte suprema di cassazione.[23]

Una denuncia formale potrebbe essere contestata dalla controparte per violazione del diritto internazionale. Un atto legislativo potrebbe invece essere portato all'attenzione della Corte costituzionale, che può stabilire l'incostituzionalità di leggi collegate al Concordato.[24] Un precedente è la sentenza n. 117 del 2 ottobre 1979, anno in cui era ancora in vigore la norma sulla religione di Stato (riformata nel 1984).[25]

Oltre a costituire probabile violazione del diritto internazionale, un eventuale recesso unilaterale sarebbe osteggiato dal Vaticano, come stabilito da Pio XI nella dottrina simul stabunt vel simul cadent, non molto tempo dopo la ratifica dei Patti, a seguito della crisi dei rapporti tra Chiesa e Governo italiano guidato da Mussolini.

Con le altre religioni
Secondo il giurista e storico Francesco Margiotta Broglio[26][27], docente di diritto ecclesiastico e di storia dei rapporti fra Stato e Chiesa all'Università di Firenze[28], i governi democristani avversarono la stipula di concordati fra lo Stato italiano e le altre religioni, che trovano la più importante entratura in Giovanni Spadolini e, successivamente, nelle aperture di Bettino Craxi. Le prime due religioni istituzionalizzate (ovvero dotate di un ministro di culto e luoghi specifici dedicati alla liturgia) a beneficiarne furono la Chiesa Valdese e la Chiesa Avventista, una minoranza di circa 5 000 membri rappresentati dal prof. Gianfranco Rossi.[29]

Riferimenti normativi
Legge 24 giugno 1929, n. 810, in materia di "Esecuzione del Trattato, dei quattro allegati annessi e del Concordato, sottoscritti in Roma, fra la Santa Sede e l'Italia, l'11 febbraio 1929 - VII. (029U0810) (GU n.130 del 5-6-1929)"
Legge 24 giugno 1929, n. 1159, in materia di "Disposizioni sull'esercizio dei culti ammessi nello Stato e sul matrimonio celebrato davanti ai ministri dei culti medesimi"
Regio decreto 28 febbraio 1930, n. 289, in materia di "Norme per l'attuazione della legge 24 giugno 1929, n. 1159, sui culti ammessi nello Stato e per il coordinamento di essa con le altre leggi dello Stato"
Sacra Congregatio Concilii, Istruzione circa le chiese ed altri enti di culto, "in applicazione degli artt. 27 e 29 del Concordato lateranense e per la esecuzione dell’art. 14 e degli altri relativi, di cui nelle Istruzioni del 20 giugno 1929", 25 giugno 1930, n. 2779.[30]
Legge 25 marzo 1985, n. 121, in materia di "Ratifica ed esecuzione dell'accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede."
Legge 20 maggio 1985, n. 206, in materia di "Ratifica ed esecuzione del protocollo, firmato a Roma il 15 novembre 1984, che approva le norme per la disciplina della materia degli enti e beni ecclesiastici formulate dalla commissione paritetica istituita dall'articolo 7, n. 6, dell'accordo, con protocollo addizionale, del 18 febbraio 1984 che ha apportato modificazioni al Concordato lateranense del 1929 tra lo Stato italiano e la Santa Sede"

La "questione romana" è un'espressione utilizzata nel lessico storiografico italiano per identificare la controversia che fu dibattuta durante il Risorgimento relativamente al ruolo di Roma, sede del potere temporale del Papa ma, al tempo stesso, capitale del Regno d'Italia.
https://it.wikipedia.org/wiki/Questione_romana
Il 17 marzo 1861 il primo parlamento unitario proclamò il Regno d'Italia. Il nuovo regno non comprendeva, tra gli altri, Roma e il Lazio, che costituivano lo Stato Pontificio. Pochi giorni dopo, il 25 e il 27 marzo, Camillo Cavour tenne il suo primo, famoso discorso alla Camera dei deputati[1][2]. Concluse il suo intervento dichiarando che Roma «è la necessaria capitale d'Italia, ché senza che Roma sia riunita all'Italia come sua capitale, l'Italia non potrebbe avere un assetto definitivo».[3] Il parlamento approvò un ordine del giorno proclamando Roma capitale naturale d'Italia e chiedendo che «Roma, capitale acclamata dall'opinione nazionale, sia congiunta all'Italia».

Roma era tuttavia protetta dalla Francia di Napoleone III che era, al contempo, il principale alleato e protettore del giovane Regno d'Italia. Il 15 settembre 1864 la Francia e l'Italia stipularono un accordo (la cosiddetta "Convenzione di settembre"), con la quale l'Italia si impegnava a non attaccare i territori del Santo Padre; in cambio la Francia ritirava le proprie truppe dai medesimi territori[4]. In mancanza del consenso francese, le uniche azioni volte alla conquista della città furono condotte da Garibaldi, e si conclusero con le tragiche giornate dell'Aspromonte (1862) e di Mentana (1867).

La "questione romana", comunque, non si limitava al solo problema dell'annessione territoriale di Roma, ma chiamava in causa il complesso tema delle relazioni tra Chiesa cattolica e Regno d'Italia, già gravemente compromesse dalla permanente opposizione al Risorgimento, manifestata da Pio IX a partire dal 1849.

L'insistenza papale nell'affermare l'autonomia e l'indipendenza dello Stato della Chiesa ebbe come conseguenze:

in Italia: un forte incremento dell'anticlericalismo; la proibizione per i cattolici di partecipare alla vita politica nazionale (non expedit) con conseguente laicizzazione della politica di governo; spaccatura di fatto del paese ("storico steccato") che portò la Chiesa a valutare negativamente tutto quanto avvenisse nel campo non confessionale;
fuori dall'Italia: tutta la vita della Chiesa fu condizionata nella seconda metà dell'Ottocento dalla "questione romana" e dalla necessità di trovare modi e strumenti che garantissero piena libertà al papa.
D'altra parte, il Regno perseguì una politica particolarmente restrittiva che incideva soprattutto sui beni ecclesiastici. In particolare, con l'emanazione delle cosiddette leggi eversive (legge n. 3 036 del 7 luglio 1866 e legge n. 3 848 del 19 agosto 1867), fu negato il riconoscimento e disposta la soppressione di diversi enti ecclesiastici che erano ritenuti non necessari al soddisfacimento dei bisogni religiosi della popolazione, con la conseguente devoluzione al demanio del relativo patrimonio.

La presa di Roma

Breccia di Porta Pia

Monumento ad Arnaldo da Brescia. Una lapide alla base recita: Ad Arnaldo, al precursore, al martire del libero italico pensiero Brescia sua decretava tosto rivendicata libertà. MDCCCLX
Nel 1870, alcune settimane dopo la caduta di Napoleone III (battaglia di Sedan del 1º settembre), l'esercito italiano si fece più ardito e il 20 settembre, guidato dal generale Raffaele Cadorna, entrò a Roma dalla breccia di Porta Pia, non più difesa dalle truppe francesi, annettendo lo Stato Pontificio al Regno d'Italia. Il 3 febbraio 1871 Roma è proclamata capitale del Regno[5], il 13 maggio 1871 viene approvata la legge delle Guarentigie, la quale, come dice il suo nome, stabiliva precise garanzie per il papa e la Santa Sede.

Il pontefice (all'epoca Pio IX), secondo la suddetta legge, pur conservando la cittadinanza italiana, poteva godere di una serie di privilegi rispetto agli altri cittadini. Tuttavia lo stesso non volle mai accettare una legge unilaterale (fu compilata, infatti, su iniziativa del solo Regno d'Italia) e, a suo parere, eversiva. Rinunciò, inoltre, alla dotazione annua, fissata in 3 225 000 lire. [6]

Dal 1870, né Pio IX né i suoi successori uscirono dai Palazzi Vaticani e dalle Mura Leonine in segno di protesta, che si protrasse per quasi sessant'anni, fino alla stipula dei Patti Lateranensi nel 1929 che istituirono la Città del Vaticano. Tra la presa di Roma del 1870 e i patti lateranensi del 1929, il Vaticano non fu occupato dalle truppe italiane (anche se queste entrarono temporaneamente per sedare tumulti dietro richiesta della Santa Sede) e anzi fu il governo italiano a proporre fin da principio, senza avere risposta positiva, l'istituzione di uno stato in miniatura sotto la giurisdizione del papa, corrispondente proprio alla "città leonina".

Nonostante la legge delle Guarentigie e l'offerta di uno stato in miniatura, i segnali del governo non erano sempre di distensione e di pacificazione. Nel giugno del 1873 il governo estese anche a Roma le leggi sulla separazione tra Stato e Chiesa (leggi Siccardi e successive), osteggiate dai cattolici intransigenti, e due anni dopo impose pure al clero l'obbligo del servizio militare.[7]

Nel 1874, Pio IX ingiunse ai cattolici italiani di non recarsi alle urne e con il famoso non expedit (in italiano: non conviene, non è opportuno) prescrisse di evitare la partecipazione attiva alla vita politica del paese. Lo scontro tra i cattolici intransigenti e i sostenitori della laicità dello stato divenne acceso, e ricco di gesti simbolici, come l'erezione del monumento ad Arnaldo da Brescia nella sua città natale e un busto al Pincio, e il monumento a Giordano Bruno a Campo de' Fiori, sul luogo dove morì bruciato dal rogo.

Il non expedit lasciava comunque margini ad interpretazioni, non essendo in termini canonici un divieto assoluto (non liceat; "non si deve") e pertanto, i pontificati di Pio X, di Benedetto XV e di Pio XI[8] (nei primi tre decenni del XX secolo) videro una lenta distensione di rapporti ed un graduale riavvicinamento con il Regno. L'affermazione dei socialisti favorì, inoltre, l'alleanza tra cattolici e liberali moderati (Giolitti) in molte elezioni amministrative, alleanza detta clerico-moderatismo. Segno di questi mutamenti è la lettera enciclica del 1904 Il fermo proposito[9], che, se da un lato conservava il non expedit, ne permetteva tuttavia larghe eccezioni, che poi si moltiplicarono: vari cattolici entrarono, in questo modo, in parlamento, sia pure a titolo personale.

La lenta risoluzione dei contrasti

Breccia di Porta Pia
Immediatamente dopo la fine della prima guerra mondiale vi furono i primi contatti fra Santa Sede e Regno d'Italia per porre fine all'annosa controversia con una presa di contatto fra monsignor Bonaventura Ceretti e il presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando. Alla morte di Benedetto XV per la prima volta in tutta Italia le bandiere sono poste a mezz'asta.

Una decisa apertura nei confronti della Chiesa avvenne all'indomani della marcia su Roma con l'introduzione della religione cattolica nelle scuole, con funzione di ancella della filosofia (1923) e l'autorizzazione ad appendere il crocifisso nelle aule. Già nel gennaio 1923 si aprirono delle trattative segrete con un incontro tra Benito Mussolini e il cardinal Segretario di Stato Pietro Gasparri.

A partire dall'agosto 1926 una serie di incontri riservati, inizialmente ufficiosi, tra il consigliere di Stato Domenico Barone, negoziatore per il Regno d'Italia, e l'avvocato Francesco Pacelli (fratello maggiore di Eugenio, futuro Pio XII) delegato per la Chiesa cattolica, portarono agli accordi che sarebbero stati formalizzati con i Patti Lateranensi. Alla morte prematura di Barone (4 gennaio 1929), lo stesso Mussolini assunse in prima persona le trattative finali incontrando più volte Pacelli. [10]

La "questione romana" si poté dire definitivamente conclusa, quindi, nel 1929 con la stipula del concordato, sottoscritto l'11 febbraio di quell'anno da Vittorio Emanuele III, rappresentato da Benito Mussolini, e da papa Pio XI, rappresentato dal cardinale Gasparri, ed entrati in vigore con lo scambio degli strumenti di ratifica il 7 giugno dello stesso anno.

I Patti Lateranensi sono richiamati anche nell'articolo 7[11] della Costituzione della Repubblica, approvato in sede costituente grazie al voto favorevole espresso dai rappresentanti del PCI a seguito di una precisa scelta politica di Palmiro Togliatti.
Le relazioni bilaterali tra Italia e la Città del Vaticano iniziarono con i Patti Lateranensi sottoscritti l'11 febbraio 1929, in cui vi fu il riconoscimento tra l'allora Regno d'Italia e la Santa Sede. Il Regno d'Italia cessò di esistere il 2 giugno 1946, quando a seguito di un referendum divenne la Repubblica Italiana.
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Dal 1506 e da secoli prima della GSP(prove storiche certe,ndr) infatti che l'esercito protegge il Papa e la sua residenza senza che nulla da allora sia cambiato. Si sono per contro modificati i metodi con cui le guardie svolgono il loro lavoro e l’ambiente in cui esse si muovono.
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Condizioni
Cattolico praticante
Una Guardia Svizzera è un cattolico praticante. Lavora nel cuore della Curia cattolica romana, incontra costantemente pellegrini e turisti provenienti da tutto il mondo che si recano alla Tomba di San Pietro, Principe degli Apostoli, e partecipa a celebrazioni liturgiche in Vaticano. La Guardia Svizzera, con la sua appartenenza e pratica religiosa, rappresenta senza alcun dubbio un «biglietto da visita» del Santo Padre.

Cittadino svizzero
La cittadinanza svizzera è uno dei requisiti di base - si tratta di una tradizione di oltre 500 anni che costituisce un motivo di grande onore per la Svizzera. I candidati devono potersi integrare nel Corpo grazie alle loro caratteristiche tipiche di uno svizzero. Una futura Guardia Svizzera do-vrà quindi assolutamente identificarsi con la sua terra, avere familiarità con la cultura e vivere attivamente i valori e le virtù svizzere.

Sesso maschile
Quello della Guardia Svizzera è un Corpo esclusivamente maschile.

Stato civile celibe
Al momento dell’ingresso nel Corpo il candidato deve essere celibe. Per potersi sposare la guardia deve avere almeno 25 anni, aver prestato servizio per almeno cinque anni ed impegnarsi a servire per almeno altri tre anni.

Età
Per poter diventare Guardia Svizzera bisogna avere almeno 19 anni ma al massimo 30.

Altezza
L’altezza di riferimento è di 1,74 m.

Buona salute
Prima di accedere alla scuola reclute della Guardia bisogna fare una serie di esami medici in Svizzera. Durante la formazione le guardie vengono poi sottoposte a ulteriori controlli sanitari e a un test psicofisico per valutarne la capacità di sopportare lo stress.

Reputazione impeccabile
Chi garantisce il servizio di sicurezza per la protezione del Papa e della Chiesa deve vantare una reputazione irreprensibile.

Formazione
I candidati devono aver completato un apprendistato AFC con successo o aver conseguito la maturità.

Aver assolto la scuola reclute nell’esercito
Nella scuola reclute dell’Esercito svizzero vengono insegnate nozioni di base importanti come la disciplina, la dimestichezza con il mondo militare e il cameratismo. Questi elementi sono componenti importanti anche per l’adempimento della missione nella Guardia Svizzera.

Obbligo per 26 mesi
Il candidato deve essere disposto a prestare servizio per la Guardia Svizzera Pontificia per almeno 26 mesi.
La Guardia svizzera pontificia è un corpo armato a protezione del Pontefice e della sua residenza, creato il 22 gennaio 1506. Si tratta dell'unico corpo di Guardie svizzere ancora operativo ed è il più antico corpo permanente al mondo ad essere ancora in servizio da oltre cinque secoli senza interruzioni.
https://it.wikipedia.org/wiki/Guardie_svizzere
https://it.wikipedia.org/wiki/R%C3%A9giment_des_Gardes_suisses
https://it.wikipedia.org/wiki/Mercenari_svizzeri
https://it.wikipedia.org/wiki/Guardia_svizzera_pontificia
https://rumble.com/v2oncyq-le-guardie-svizzereda-mercenari-a-guardiani-del-papa-documentario
Lo Stato Pontificio(Stato della Chiesa fu il suo nome ufficiale fino al 1815), fu uno Stato italiano costituito dall'insieme dei territori su cui la Santa Sede esercitò il proprio potere temporale dal 756 al 1870. La forma di Stato era la monarchia assolutista d'ispirazione religiosa (teocrazia), (ierocrazia), rappresentata dal Papa, che esercitava la sua giurisdizione con pieni poteri.
https://it.wikipedia.org/wiki/Stato_Pontificio
https://it.wikipedia.org/wiki/Sacco_di_Roma_(1527)
https://it.wikipedia.org/wiki/Guerre_d%27Italia_del_XVI_secolo
L'Esercito dello Stato della Chiesa fu l'esercito dello Stato Pontificio. Creatosi a partire dal Medioevo, con una forte componente straniera, esso cessò di esistere nel 1870 con la presa di Roma e l'unificazione italiana.
https://it.wikipedia.org/wiki/Esercito_dello_Stato_della_Chiesa
La presa di Roma, nota anche come breccia di Porta Pia, fu l'episodio del Risorgimento che sancì la conquista di Roma da parte del Regno d'Italia.
https://www.ilpost.it/2018/09/20/20-settembre-xx-settembre-1870/
Avvenuta il 20 settembre 1870, decretò la fine dello Stato Pontificio.Con la fondazione dello Stato della Città del Vaticano (1929), le Guardie svizzere divennero la milizia ufficiale del nuovo Stato.
https://it.wikipedia.org/wiki/Presa_di_Roma
La Città del Vaticano, ufficialmente Stato della Città del Vaticano (in latino: Status Civitatis Vaticanæ), chiamata anche semplicemente Vaticano, è una città-Stato il più piccolo Stato sovrano del mondo Come forma di governo è una monarchia assoluta elettiva

La città-Stato, creata il 7 giugno 1929 con i Patti Lateranensi, firmati l'11 febbraio dello stesso anno tra Benito Mussolini e il cardinale segretario di Stato Pietro Gasparri, rispettivamente i rappresentanti del Regno d'Italia e della Santa Sede, è un'enclave nel territorio della Repubblica Italiana, inserita nel tessuto urbano della città di Roma. Nello Stato vige un regime di monarchia assoluta, con a capo il Sommo pontefice della Chiesa cattolica. La lingua ufficiale è l'italiano, mentre il latino è la lingua ufficiale della Santa Sede.

Lo Stato batte moneta propria, ma, per effetto dell'unione doganale e monetaria con l'Italia, adotta l'euro, che negli otto tagli delle monete metalliche riportano nella faccia nazionale lo stemma del Papa regnante, ovvero soggetti vaticani, ed emette propri francobolli, utilizzabili per il servizio postale verso tutto il mondo (ma ovviamente solo con spedizione dalle Poste Vaticane). Importanti le serie commemorative delle monete e dei francobolli molto ricercate dai numismatici e filatelici. In Vaticano è inoltre edito un giornale quotidiano, L'Osservatore Romano, fondato nel 1861, e dal 1931 funziona una emittente, la Radio Vaticana, che trasmette in varie lingue. https://it.wikipedia.org/wiki/Citt%C3%A0_del_Vaticano
Compiti
La Guardia svizzera pontificia si occupa della vigilanza, della sicurezza e della protezione del Papa all'interno del Palazzo Apostolico e della Città del Vaticano e durante i suoi viaggi, oltre che dei servizi d'onore durante le udienze e i ricevimenti.

La Guardia svizzera protegge, congiuntamente con il Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano, le cerimonie nella basilica di San Pietro e nell'aula Paolo VI; si occupa inoltre del controllo degli accessi in Vaticano e, durante la sede vacante, della protezione del collegio cardinalizio.

Personale

Cerimonia del giuramento in Sala Nervi (6 maggio 2013)

Gruppo di guardie svizzere in servizio nella Basilica di San Pietro
Il Corpo delle Guardie nell'ottobre 2019 ha raggiunto il numero di 135 uomini
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https://rumble.com/v1z99dw-lelenco-delle-abominazioni-pagane-fatte-da-papa-fra
specifico che nel vangelo Gesù disse agli ebrei che sarebbero morti nei loro peccati...quindi tutto regolare
https://rumble.com/v19x0f4-apocalisse-2012-e-vidi-i-morti

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