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SI SALVI CHI PUÒ
Trasmissione del 27 marzo 2023
Nelle ore in cui Deutsche Bank fa vacillare i mercati, torna prepotentemente alla ribalta il ruolo del Mes come “salvatore” di banche in difficoltà.
Tema ancor più di attualità alla luce delle dichiarazioni del Presidente Giorgia Meloni dopo l’Euro Summit di venerdì, con le quali è stata ribadita la linea che il Parlamento già da novembre ha dettato al governo stesso: il Mes è strumento di ultima istanza in un quadro di regole che stanno cambiando e quindi prima si definisce un nuovo quadro di governo della politica economica europea (Patto di Stabilità, unione del mercato dei capitali ed unione bancaria) e poi, in conseguenza di tali scelte, si decide cosa fare di questo strumento disegnato per un’altra era geologica.
Abbastanza sorprendentemente – almeno per chi non lavora per gli interessi del nostro Paese – il comunicato conclusivo dell’Euro Summit non parla di Mes, ma parla esattamente di tutto ciò che deve precederlo.
Ma davvero il Mes (nella versione attuale o riformanda, differenza non banale, come vedremo) può svolgere un ruolo in una crisi di una banca con rilevanza sistemica, come Deutsche Bank, e quindi servirebbe subito ratificare la riforma?
La risposta è no. Per diversi motivi che illustreremo di seguito. Incluso il colpo di scena che troverete alla fine.
Basterebbe un argomento per terminare subito questo articolo: il prestito di sostegno del Mes (riformando) al fondo di risoluzione unico (SRF) sarebbe pari al massimo a 68 miliardi ed arriverebbe solo quando tale fondo avesse esaurito le proprie disponibilità e non avesse altre fonti disponibili (altri contributi straordinari delle banche, per esempio). Insomma davvero uno strumento di ultima istanza quando, dopo aver chiesto un adeguato sacrificio ad azionisti, obbligazionisti non garantiti e depositanti oltre i 100 mila (il famigerato bail-in), l’autorità di risoluzione avrebbe esaurito anche le proprie disponibilità (oggi intorno ai 70 miliardi) ed avrebbe bisogno di ulteriori fondi da prestare alla banca oggetto di risoluzione.
In definitiva, risorse limitate – a cui l’Italia dovrebbe per giunta generosamente contribuire – che sarebbero schiuma sulla battigia rispetto allo tsunami derivante dal dissesto di una banca come quella tedesca. Ricordiamo che la vicenda di Credit Suisse ha visto la banca centrale svizzera mettere a disposizione 200 miliardi di franchi ed altre risorse sostanzialmente illimitate.
Ma, nell’ipotesi in cui il Mes bastasse, cosa accadrebbe?
L’attuale Trattato del Mes prevede che, in caso di crisi bancaria, il Mes possa intervenire erogando prestiti agli Stati per ricapitalizzare le rispettive banche, come accaduto alla Spagna, beneficiaria di 41 miliardi tra 2012 e 2014. Questo intervento segue le regole di condizionalità degli altri prestiti del Mes agli Stati (precauzionale e a condizioni rafforzate), quindi richiede la stipula di un protocollo d’intesa più o meno rigido.
Poi c’è lo strumento di ricapitalizzazione diretta delle banche (DRI) da parte del Mes. Introdotto a fine 2014 e mai utilizzato, prevede proprio l’ingresso diretto del Mes nel capitale delle banche in crisi con un fondo disponibile di 60 miliardi.
Il tanto invocato prestito di sostegno del Mes al SRF origina proprio da qui. Per stessa ammissione del Mes, la ricapitalizzazione diretta è molto pericolosa per l’istituto lussemburghese in quanto costituirebbe un’esposizione diretta al rischio di default della banca ricapitalizzata e quindi peggiorerebbe il rating del Mes. Molto meglio (sempre per loro) far intervenire direttamente il SRF seguendo le regole per la risoluzione messe a punto con la direttiva sul bail-in (BRRD) e, nel caso di insufficienza di quest’ultimo, intervenire con un prestito di ultima istanza.
Insomma quando in Europa si sono resi conto che è impossibile fare un’Unione Bancaria senza avere un fondo di risoluzione con risorse “credibili”, allora, per renderla “credibile” si sono inventati il prestito “paracadute” del Mes al SRF, di durata triennale aumentabile di altri due anni. Basti considerare che il SRF (partito nel 2016) è ancora in un periodo transitorio fino al 31 dicembre 2023, quando dovrebbe raggiungere un importo pari al 1% dei depositi bancari dell’eurozona.
Il prestito del Mes deve essere “fiscalmente neutro”. Cioè, nel medio termine, quel prestito deve essere restituito facendo leva su contributi e prelievi provenienti dal settore bancario che già alimenta il SRF con contributi annuali.
Ecco perché è più sicuro, dal punto di vista del Mes, prestare al SRF anziché ricapitalizzare una singola banca. Si rischia meno. Il prestito di sostegno del Mes conviene al… Mes.
Ma ora arriva il colpo di scena.
(Continua su Startmag, Il MES può davvero salvare Deutsche Bank?, di Giuseppe Liturri)
https://www.startmag.it/economia/il-mes-puo-davvero-salvare-deutsche-bank/
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